Segno / Identità

Non esistono risposte univoche alla questione riguardante l’identità: ogni esistenza ha infinite possibilità di determinazione e nessuna può dirsi in sé conclusa. Slogan del tipo “io sono io, e non ho nulla a che fare con te” valgono quello che valgono, e dal momento che l’alterità è la condizione costitutiva e imprescindibile di ogni identità, si capisce quanto la nozione di identità personale sia ridicola.

Quando Peirce afferma che la verità è là dove produce effetti intende anche dire che la coscienza che abbiamo di noi stessi è sempre destinata a durare e impersonificarsi in altri individui e nei segni della comunità. L’uomo è un segno, ma ogni segno, ci dice pure, rinvia ad un altro segno, in un processo potenzialmente infinito che non approda mai ad una verità stabile e certa. Si potrebbe dire che l’identità è un’acquisizione fluttuante, una soglia di passaggio: io mi riconosco nell’altro come lo stesso che media la soglia alla relazione di entrambi.

Quanto tutto ciò abbia a che fare con i temi della continuità, della variazione, della metamorfosi, lo lasciamo giudicare a chi vorrà immergersi in “Continuità e variazione. Leibnitz, Goethe, Peirce, Wittgenstein, con un’incursione kantiana”, scritto a quattro mani da Rossella Fabbrichesi Leo e Federico Leoni (edizioni Mimesis, 2005).

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