SCRITTI
Noi trasformiamo, parlandone, ciò che vorremmo limitarci a contemplare.
E facendo ciò ri-tracciamo e ri-configuriamo sempre di nuovo la nostra origine e il
nostro destino, condizione di ogni esperienza.
Tavola rotonda del 22 dicembre 2010 – SUPSI Lugano – Trevano
Inizierei col dire che ripercorrendo le vicende del passato, anche di quello più recente, ci esponiamo a quell’esercizio genealogico che ci consente, in prima istanza, di guardarci criticamente nel tentativo di comprendere quali soggetti siamo vieppiù diventati e il modo in cui lo siamo diventati attraverso l’intreccio di innumerevoli pratiche in sinergia e perenne trasformazione. Per questo motivo le descrizioni e le narrazioni prodotte non dicono affatto come le cose, o i “fatti”, si siano effettivamente svolti, ma sono il segno di quelle soglie che, a partire dallo sguardo contemporaneo, e cioè dalle pratiche di vita e di sapere che ci costituiscono, direbbe Carlo Sini, riconosciamo come decisive per l’apparizione di ciò di cui parliamo.
Tanto le opere d’architettura quanto i protagonisti delle nostre analisi non possono essere altro che “figure” messe in opera nell’ambito del nostro percorso: “figure in transito”, come ci è stato insegnato, e che, come tali, non vanno assunte ideologicamente dalla parte del loro “significato”, cioè come oggetti indipendenti dalle pratiche che li mettono in opera.
…
Diego Caramma
2010
Note a margine a un’etica della scrittura architettonica
Documenti ufficiali delle Nazioni Unite affermano che nei prossimi dieci anni la gran parte del mondo sarà confrontato con problemi di sopravvivenza all’interno delle città, che saranno chiamate a trovare un equilibrio fra uso delle risorse e attività di urbanizzazione. Di fronte ad una tale realtà, è inevitabile che una fra le prime e irrinunciabili istanze sia quella di indagare quale potrà essere il ruolo del progetto e dell’architettura nel processo di ricostruzione del paesaggio, domandandosi pure se l’architettura potrà essere in grado, in un senso profondo, di potenziare le capacità dell’uomo ad abitare le reciproche differenze che si riscontrano nell’umano e come tale lo costituiscono.
A partire da questo scenario si tratta di sollevare alcune questioni urgenti e irrinunciabili e ripensare l’architettura alla luce delle trasformazioni in atto, assumendola come tessuto di relazioni, rinunciando alla sua autonomia per favorirne il coinvolgimento con la vita e, quindi, con le vicende urbane e territoriali. Si tratta in una parola di riconferire all’architettura il proprio senso e significato affinché possa assurgere, come voleva Edoardo Persico, a «sostanza di cose sperate».
…
Diego Caramma
2009
2009
Note a margine a un’etica della scrittura architettonica
Un aspetto paradossale è che se il nostro appare da un lato il tempo del rapido consumo delle forme (perché di rapido avvicendamento dei codici e degli sfondi ideologici), dall’altra è in verità uno dei periodi storici in cui le forme si recuperano con maggiore rapidità, e si conservano al di là della obsolescenza. Il termine coniato dalla semiologia contemporanea è «rumore semantico»: il messaggio del passato, avulso dal contesto originario e immesso nell’ambito dei lessici contemporanei, risulta deformato e aberrante. Che significato può avere, ad esempio, il «codice» di una casa rurale nell’abitazione di persone che oggi esigono il massimo grado di flessibilità degli spazi di vita, i quali devono assolvere tutt’altre esigenze? si chiedeva già Umberto Eco negli anni ’60. Si tratterebbe unicamente di un’operazione superficiale, condotta senza intaccare i contenuti e il sistema culturale di base, oggi radicalmente e irrimediabilmente mutati. Di qui la necessità di pensare a edifici flessibili rispetto all’uso e polivalenti rispetto alla comunicazione simbolica. Ciò che implica un’invenzione (non una riscoperta) di «codici» nuovi, e non più una facile filologia nei confronti del passato, per altro incapace di farsi carico della radicale e costitutiva distanza che ci caratterizza.
…
Diego Caramma
2008
2009
Note a margine a un’etica della scrittura architettonica
(…) l’occasione è quella di partire da colui che è considerato il padre del pragmatismo, ovvero Charles Sanders Peirce. Com’è noto, una fra le cose che egli mette in gioco è la fondazione della relazione segnica, ma in un modo che sposta del tutto il problema rispetto a quanto, per esempio, mostra de Saussure. In Peirce la relazione non è duale, ma triadica. Il che offre un contributo decisivo nel pensare la verità non più come un a priori, ma nel suo costitutivo rapporto con l’abito di risposta. Tutto questo spalanca un orizzonte straordinario anche per noi architetti, e porta a guardare in modo radicalmente differente pure la relazione tra l’evento della verità e il suo significato.
È lavorando sul concetto di abito, cioè in riferimento a Peirce, che Carlo Sini ha sviluppato quello che può essere definito il suo contributo più importante, e cioè il pensiero delle pratiche.
…
Diego Caramma
2008
2009
Testo inedito
Speaking to an Anglo-Saxon public presents me with an opportunity to refer to the man considered to be the father of pragmatism – Charles Sanders Peirce. As we know, Peirce was responsible for the foundation of sign relations, though in a manner that completely shifts the problem with respect, for example, to the work of Saussure, for whom this relationship was dual, taking place between two absolute terms: the signifier and the signified. For Peirce the relationship is not dual, but rather triadic, with a direct effect on the work of interpretation . This is a decisive contribution to the idea of truth, no longer an a priori condition, but part of a constitutive relation with the habit of answering. All of this throws open an extraordinary horizon for architects, and leads us to look at the relations between the true event and its meaning in a radically different way.
While working on the concept of habit in reference to the work of Peirce, Carlo Sini developed what can be called his most important contribution – the idea of practices.
…
Diego Caramma
2008
2008
Note a margine a un’etica della scrittura architettonica
Stupefacente avvio di discorso: le nostre pratiche dovrebbero iniziare a frequentare l’invisibile. In che senso? “Nel senso di fondare sull’invisibile una comunità, nella quale però ognuno «è», non «ha» – e quindi fruisce del frutto delle pratiche”. E infatti non ha importanza il soggetto in quanto individuo in carne e ossa. Anzi, la questione è proprio quella dell’abolizione del soggetto accecato dagli «idoli della conoscenza», e l’importanza è rivolta al fatto che “ogni individuo sia un centro di occasioni, tali da rendere la sua vita degna di essere vissuta. Forse la tecnica va in questa direzione. È un punto di vista ottimistico ma la direzione pare questa”. Bisogna precisare: “Ecco, forse, la tecnica ci porta al confine di problematiche tanto rilevanti e richiede probabilmente qualcosa di diverso da quello che la filosofia ha sempre fatto e da quello che lo scienziato può fare. Domanda uno sforzo comunitario, uno sforzo che, con tutta probabilità, non nasce soltanto in Occidente, ma si estende anche alle altre culture”. Del resto, la tecnica è anche e soprattutto una provocazione: essa ci chiama.
…
Diego Caramma
2009
2009
Note a margine a un’etica della scrittura architettonica
Era quello che, nelle riunioni serali dei CNL, assieme ad altri compagni, spiegava ai partigiani cos’era l’architettura moderna, e perché quella accademica e pompieristica del fascismo si traduceva in strumento di oppressione. Perché lo faceva? Perché si trattava di rinnovare la società civile dalle fondamenta, e i rinnovatori dovevano conoscere tutto lo spettro della libertà. I suoi giudizi sulla Resistenza coincidevano sostanzialmente con quelli di Ernesto Rossi, uno dei pochissimi, rari eredi di Carlo Rosselli. Sosteneva infatti che vi partecipò una piccola minoranza. Poi, alla fine, tutti furono resistenti, quando ormai i tedeschi se n’erano andati. Era uno dei pochi che, nel pieno del terrorismo degli anni Settanta, poteva riconoscere perfettamente i meccanismi mentali e i comportamenti dei terroristi, perché per esperienza personale sapeva che si può arrivare a punti di fanatismo e isolamento tali per cui si compiono grandi scemenze credendole grandi virtù.
La sua rivista, Spazio e Società, era, diceva, conseguenza e causa dell’ILAUD.
…
Diego Caramma
2005
2009
in Spazio architettura numero febbraio 2007
Il libro di Laura Gioeni, Genealogia e progetto – per una riflessione filosofica sul problema del restauro, edito da FrancoAngeli, è, per quanto ne sappiamo, il saggio più importante che sia stato scritto sull’argomento negli ultimi decenni. L’analisi dell’autrice prende avvio dalle vicende dell’età rinascimentale, soglia a partire dalla quale ad una nuova sensibilità verso i monumenti e l’arte di quella che è stata definita l’età classica (e ai giudizi inappellabilmente negativi verso la produzione artistica medievale) si accompagna e delinea in modo sempre più problematico e complesso la questione del restauro e, quindi, quella del rapporto del presente con le preesistenze antiche.
Tracciando il suo percorso a partire da una visione del restauro che prende avvio «sotto il segno di una triplice ambiguità:
…
Diego Caramma
2007
2007
Iniziativa di Gianluigi Bellei
Siamo in un momento in cui appare sempre più chiaro come una conoscenza e una cultura trasmesse unicamente dalla scrittura alfabetica (dalla pratica letteraria) non è più ipotizzabile. La comunicazione si alimenta di altre forme di rapporto, di connessioni interpersonali che si riverberano sulla nostra coscienza, trasformando la nostra stessa natura. Che lo si voglia o no. Che se ne abbia consapevolezza o meno.
L’iniziativa di Gianluigi Bellei di dedicare un francobollo a Giuseppe Pinelli si cala pienamente in questo contesto, in queste esperienze. Bellei ha scelto la figura dell’anarchico ucciso tragicamente nel 1969, ma poteva trattarsi di un’altra persona, evidentemente, come un artista o un uomo o una donna di lettere, o altro ancora. Ha fatto questa scelta perché aveva i suoi buoni motivi, che in molti possiamo condividere. Lui forse ne ha qualcuno in più, come si capirà leggendo il testo che ha scritto quale introduzione al libretto. Ma il problema non è questo.
…
Diego Caramma
2007