PROGETTI E REALIZZAZIONI
Il superamento della geometria non si attua sul piano geometrico,
ma lavorando su relazioni, flussi, percezioni sensoriali.
Progetto per il collegamento viario Lugano-Bellinzona-Locarno
DCA Diego Caramma Architecture
Monte Ceneri – raccordo A2-A13
2002-2007
Ing. Marco Verdina, Ing. Fausto Pellegrini
La proposta scaturisce dalla volontà di proporre un’alternativa alla viabilità sul Piano di Magadino, evitando la sua lacerazione causata dalla Variante ’95 proposta dalle autorità cantonali con la volontà di collegare l’autostrada A2 e la strada A13 per Locarno. Si parla volutamente di alternativa, e non di variante, in quanto la Panoramica 51/73 propone di sfruttare le vie di comunicazione esistenti, raccordandole in tre punti differenti, uno dei quali assume la funzione di svincolo offrendo pure una riqualificazione dal punto di vista paesaggistico. Costeggiando la montagna con una nuova strada panoramica (il cui percorso è pari a circa 1/3 rispetto a quello della Variante ’95), si può garantire il collegamento con la A13 raccordandosi alla nuova rotonda di Quartino. Si attua in questo modo un collegamento diretto Lugano-Locarno, che la Variante ’95 non prevede e non può prevedere.
Al di là delle divergenze concettuali con il Piano direttore cantonale, appare chiaro che non si può raggiungere il corretto obiettivo per l’auspicato riequilibrio fra le “tre grandi aree” (Luganese e Mendrisiotto, Bellinzonese e Tre Valli, Locarnese e Vallemaggia) e i “quattro agglomerati” se non considerando il Piano di Magadino quale effettivo polo strategico. Nel modo di concepirlo ci sentiamo lontani tanto dai pianificatori cantonali (e dalle associazioni di commercianti con la loro visione limitata al fattore turistico), quanto dalle associazioni e dai movimenti ambientalisti (che vorrebbero ridurlo alla mera funzione, seppur preziosa, di “granaio del Ticino”).
Nell’ottica di una rivalutazione del Piano di Magadino ad area di importanza non solo cantonale, né tanto meno nazionale, ma semmai, e più ambiziosamente, internazionale, esso andrebbe concepito come polo di sviluppo e ricerca nel campo delle energie rinnovabili e di soluzioni tecnologiche sostenibili, fino a farne un produttore di energia capace di soddisfare il fabbisogno di determinate aree territoriali definite secondo un progetto strategico di ampio respiro. Il che consentirebbe di fare del Piano di Magadino ciò che non si è stati capaci di fare nel caso, ad esempio, del Piano di San Martino o del Pian Scairolo, conferendo un nuovo e ancor più significativo senso ad un’operazione che si configurerebbe quale nemesi di una politica capace di recepire i segnali che provengono da precedenti interventi strategicamente e culturalmente errati.
Vogliamo dire di più. Questo ci sembra il solo modo concreto affinché, sotto il segno e l’ispirazione di Denis de Rougemont, il Cantone Ticino, all’interno del comune progetto della Regioinsubrica e nei suoi rapporti intercantonali assolva il ruolo e il compito di mostrare la possibile, urgente e irrinunciabile realizzazione di un progetto culturale e politico (nel senso genuino del termine) che sia da modello operativo per la futura Europa federalista.
Autorità e pianificatori, sebbene vi siano oggi (ma bisogna rivolgere lo sguardo oltre i confini cantonali e nazionali) eccezioni degne di rilievo, sembra non abbiano compreso che l’idea della razionalizzazione come controllo assoluto (cui si accompagna la costitutiva eliminazione dell’imprevisto e l’istituzione di un ordine tanto perfetto quanto definitivo) conduce irrimediabilmente alla sconfitta della pianificazione, mortificata da una visione positivistica, che coinvolge tanto i mezzi quanto gli scopi. Non si tratta di elaborare “programmi”, ma di tracciare strategie aperte al divenire.
Ciò che da quasi un ventennio ribadiamo è la necessità di un piano d’insieme in cui la somma delle parti si traduca in un organismo complesso, articolato ed efficiente, non un master-plan che decreti la scissione tra architettura e urbanistica. Si tratta di recuperare l’impegno nel motivare le proprie azioni, nel dichiarare onestamente le proprie scelte, e nel prevederne gli effetti a lungo termine. Si tratta di accettare di essere sottoposti a verifiche e giudizi senza porsi al di sopra degli altri. Si tratta, in una parola, di ricostruire una credibilità politica.